La tecnomanzia degli Orion

Tre alberi stilizzati a forma triangolare con rami bianchi che sembrano strade

Camminavamo ormai da settimane attraverso il fitto bosco della terra di Avanya. I nostri passi proseguivano sicuri sui grandi rami e trovavamo riparo presso i clan dei Ferion, creature alte e magre, con orecchie che ricadevano nella punta per quanto fossero lunghe. Le loro dita affusolate avevano una falange aggiuntiva rispetto noi uomini. Erano buone e cordiali, abili in molte arti ed erudite come nessun’altra razza. La loro sapienza ci aiutò nel raggiungere la meta del nostro viaggio.
E dove gli Hessiao costruiscono le loro case all’interno dei grandi alberi potevamo riposare più profondamente. Queste creature, in parte umane e in parte animali, erano unite nella fratellanza e nel quieto vivere, nonostante le differenti caratteristiche che contraddistinguevano ogni loro specie. Ascoltavamo i racconti di coloro che, dotati di ali, avevano volato tra le grandi foglie verso l’alto azzurro, purtroppo senza mai raggiungerlo. Dicevano che i grandi alberi non avevano fine, che arrivavano fino a quell’azzurro che mi faceva fantasticare su quali meraviglie ci potessero essere così in alto, e chiedevo al mio maestro se qualcuno lo avesse mai raggiunto. Ma Robeon II, il saggio, diceva che alcune cose non è dato saperle ed è bene che restino un mistero.

Tutti i clan e le tribù che incontravamo erano sgomenti: sapevano che gli Orion, le creature più grandi del nostro mondo, avevano ormai abbandonato la via della selva. Alcune specie raggiungevano i venti metri di altezza e le storie che arrivavano alle orecchie di molte creature raccontavano che alcuni di loro potessero essere alti centinaia di metri. Erano simili a noi uomini, ma differenti di volto e con più dita per ogni arto.
«Com’è possibile maestro, come possono vivere creature così grandi nel nostro mondo?»
E il mio maestro mi rispondeva sempre con saggezza, dicendomi di non avere tutte le risposte seppur per me sapesse tutto.
«Le terre di Avanya sono infinite, mio caro Kroien, nessuno ha mai potuto visitarle tutte, nemmeno i Ferion dalla lunga vita. Gli Orion vedono un grande albero come noi vediamo un albero un po’ più alto del normale, e le grandi acque a est sono per loro ciò che un lago è per noi. Cerca sempre di vedere le cose da più punti di vista mio caro allievo e molte verità ti saranno svelate.»
«Ma com’è possibile che ancora non abbiano distrutto tutto se sono così grandi? E perché sentiamo parlare di loro così tanto solo in questi tempi?»
«Ti rispondi da solo mio giovane allievo. Sentiamo parlare di loro così tanto proprio perché hanno cominciato a distruggere tutto, ma non certo per la loro stazza. Avanya ospita e supporta tutte le creature, dalle più piccole a quelle mastodontiche. Sentiamo parlare di loro perché hanno abbandonato la via della selva, alle leggi della natura hanno scelto quelle della conoscenza tecnologica. Tecnomanzia la chiamano, e li ha cambiati nell’animo, facendoli diventare avidi di potere e portandoli a farsi guerra tra loro. Più si allontanano dalle terre verdi e più sentono bisogno di costruire e adornarsi per cercare riscontro tra le masse delle grandi città in cui vivono. Abbattono i grandi alberi e al loro posto costruiscono torri di lengopietra.»
«Torri di legnopietra? Com’è possibile, maestro, come fanno a spostare il legnopietra delle montagne? E a cosa gli servono queste torri?»
«Con la poca magia che gli è rimasta. Usano grossi macchinari per modellare e spostare il legnopietra con magie di levitazione. Questo raccontano coloro che hanno fatto un viaggio simile al nostro. Dobbiamo osservarli e capire come il loro operato stia mutando le terre circostanti. Scriveremo e disegneremo tutto ciò che vedremo, e riporteremo quante più informazioni possibili al nostro circolo. Dormi ora, domani cammineremo ancora sui grandi rami e lo faremo a lungo.»

E il giorno dopo camminammo tanto e io chiesi al mio maestro come i Ferion potessero vivere così a lungo e se qualcuno fosse mai disceso nel fondo della grande selva per capire dove gli alberi iniziano la loro crescita.
«Vuoi sapere tante cose mio caro allievo e questo è un bene, ma non lasciare mai che la tua sete di conoscenza diventi avidità, il tuo cuore potrebbe rimanerne intaccato e tu non saresti più lo stesso. Tante sono le leggende che riguardano i Ferion. Alcune ritengono siano stati creati così dal grande spirito, perchè i loro corpi vivessero a lungo e potessero essere memoria per tutte le creature di Avanya. Altre credono che abbiano imparato a vivere senza intaccare Avanya stessa, che di rimando li ha ripagati con una lunga vita. Si dice non abbiano bisogno di bere e mangiare e che possano vivere della sola contemplazione del creato.»
«Vivono senza mangiare, com’è possibile?»
«Ah, ragazzo mio, la mente è ghermita dal corpo, ma il pensiero è libero di vagare ovunque. Come dicono i nostri saggi “il pensiero è forza creatrice” e se credi veramente in qualcosa, allora puoi realizzare anche l’impossibile.»
«Riescono a vivere senza mangiare solo perché credono sia possibile?» Ero stupefatto. «E maestro, cosa c’è verso il basso, dove poggiano i grandi alberi?»
«Nessuno ha questa risposta mio caro Kroien. Molti avventurieri, di tante razze diverse, si sono diretti verso il basso, ma non si sa di nessuno che sia tornato per raccontare cosa ha visto. Gli studiosi hanno elaborato varie teorie, ma nessuno può dire se qualcuna corrisponda a realtà.»
«E cosa dicono queste teorie? Cosa credono gli studiosi?»
«Alcuni credono non esista fine, così in alto così in basso. Ti immagini Kroien, alberi infiniti sia sotto che sopra, che meraviglia. Altri hanno ipotizzato che i grandi alberi crescano su alberi ancora più grandi.»
«I grandi alberi poggerebbero su alberi ancora più grandi? Ma è impossibile!»
«E perché mai? Chi può dire cosa è possibile e cosa non lo è? Alcune cose esistono indipendentemente dalla nostra conoscenza o la fede che riponiamo in esse. Tenere aperta la mente a tutte le possibilità è l’unica cosa che possiamo fare per rimanere saggi e non chiudere la capacità di pensiero e la possibilità di imparare. Al contrario saremmo solo stolti che ritengono che ciò che hanno studiato e imparato sia tutto ciò che è possibile sapere, come null’altro potesse ancora essere scoperto. C’è infine un ultima teoria circa i grandi alberi.»
«Quale mio maestro, cosa credono i sapienti?»
«Ritengono i grandi alberi poggino su una distesa di terra, nella quale sarebbero contenute le loro radici. E’ questo che permetterebbe ai vari alberi di poter vivere uno sui rami dell’altro.»
«Una grande terra? Alberi che non poggiano su rami ma sul terreno? Come potrebbe un grande albero rimanere in piedi se poggiato su un molle terreno invece che su un solido ramo?»
«Ottima domanda mio caro Kroien, dimostra che la tua mente è salda come il tronco di un grande albero. Ma non mi meraviglierei nemmeno se si scoprisse un giorno che i grandi alberi levitino in realtà in uno spazio vuoto.»
Feci una grande risata in risposta a quella fantasia del mio maestro. «Siete così divertente maestro Robeon!»

E continuammo a camminare per giorni, finché i rami dei grandi alberi dinnanzi a noi non si fecero radi e potemmo vedere un’orrida apertura, grande come un intero regno, in cui tutti i rami erano stati tagliati. Per la prima volta vidi il grande azzurro e la luce cadeva sulla radura come volesse bruciare l’intera Avanya. Il tronco mozzato di un grande albero era visibile ai nostri occhi, che andavano riempendosi di lacrime. Lo scheletro di un albero morto, che non poteva più vivere come avrebbe voluto e come la natura aveva stabilito per lui.
Su quella piana di legno si ergevano costruzioni di legnopietra, modellato e trasportato lì in modo a me ignoto. Strutture che sfidavano la nostra comprensione per come erano state costruite. E per la prima volta vidi gli Orion, ancora più grandi di quanto il mio maestro mi avesse raccontato. Alcuni alti cento metri e più, facendo sembrare quelli alti un paio di decine di metri come nani in confronto. Si davano un gran da fare e usavano strani oggetti e macchinari che facevano tremare tutta la selva. Non c’erano animali e osservando questo scenario provavo un sentore di morte e disperazione. Capivo, senza dubbio alcuno, che ciò che stavo vedendo era sbagliato. Il male aveva corrotto gli Orion allontanandoli dalla via della selva e attraverso di loro si muoveva per distruggerla.
«Maestro… vanno fermati o… distruggeranno tutto.» dissi in lacrime cercando in lui una parola che potesse confortare il mio cuore.
«Vorrei davvero fossimo in grado di farlo mio giovane allievo, ma non ne abbiamo il potere. Siamo qui solo per osservare e annotare. Su presto, prendiamo le pergamene.»
E ci mettemmo a scrivere tutto ciò che vedevamo, arricchendo il nostro lavoro con disegni dettagliati. Era per me difficile disegnare ciò che vedevo perché non comprendevo la maggior parte di cose che accadevano davanti ai miei occhi, là a chilometri di distanza. E quando i rumori di alcuni macchinari arrivarono alle nostre orecchie ci mettemmo a piangere. Era il momento più triste della nostra vita e non potevo sapere se gli accadimenti che stavamo annotando avrebbero potuto un giorno intristirlo ulteriormente.
Rimanemmo protetti e nascosti dalle grandi foglie per tre giorni, lavorando come richiesto dal circolo. Poi il quarto giorno tutto cambiò. Dove prima c’era il grande azzurro, ora tutto era grigio e il mio maestro mi disse che quelli che stavamo guardando erano ammassi d’acqua, ma io non capivo. Lampi di luce apparivano nel grande azzurro e cadevano in basso, vicino le costruzioni degli Orion. L’aria si fece elettrica e sentivo di essere in pericolo. Poi un boato riempì quel vuoto e un lampo squarciò tutto il cielo per poi cadere sulla punta di una struttura di legnopietra. Tutto fremeva e vibrava e uno strano suono giungeva sino a noi e potevo sentirlo dentro, temendo avesse il potere di fermare il mio cuore. Le scariche che avvolgevano la grande torre di legnopietra si dissolsero, lasciandola illuminata di una luce difficile da guardare. Tutti gli Orion si misero a lavoro con gran fermento, con macchinari tecnomantici che avevano il potere di abbassare l’intesità di quella luce. Solo così riuscimmo a vedere altri macchinari avvicinarsi alla colonna di legnopietra; e come i carri trasportano merci questi trasportavano luce, quasi fossero le divinità di cui parlano i racconti dei Ferion.
Osservammo a lungo tutto ciò che accadeva a seguito di questo evento, ma il nostro cuore non potè reggere la paura quando vedemmo che alcuni di questi macchinari pieni di luce, come per magia, si alzarono in volo. Non capivo come fosse possibile. Centinaia di questi oggetti si libravano in aria e presero le più disparate direzioni. Il mio maestro e io ci guardammo senza parlare, consci che era giunto il momento di tornare al circolo, consapevoli che era in pericolo, come del resto tutte le terre di Avanya.

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